Riabilitazione Andrologica Post Prostatectomia Radicale

By: | Tags: | Comments: 0 | Giugno 20th, 2015


Che cos’è?

La riabilitazione andrologica dopo prostatectomia radicale consiste nel riattivare il meccanismo dell’erezione, dopo la rimozione del catetere vescicale, nei pazienti che si siano sottoposti ad intervento di prostatectomia radicale (asportazione completa della prostata per tumore) o cistoprostatectomia radicale (asportazione di prostata e vescica per tumore della prostata) qualunque sia la tecnica chirurgica utilizzata (intervento open, cioè con taglio, laparoscopico o con Robot da Vinci). Tale riattivazione viene eseguita con farmaci intracavernosi e orali.


A che cosa serve?

La riabilitazione andrologica serve a riattivare il meccanismo fisiologico dell’erezione determinati  da interventi di prostatectomia radicale e di cistoprostatectomia, con percentuali che possono arrivare fino al 90 % e che nella maggior parte dei casi è solo transitoria in altri permanente. Numerosi studi scientifici pubblicati nel corso degli ultimi anni hanno dimostrato come l’uso di farmaci vasoattivi intracavernosi (prostaglandine) alternati a farmaci orali che inducono erezione (PDE5 inibitori, come il Sildenafil, il Tadalafil, il Vardenafil e l’Avanafil) è efficace nel ripristinare più rapidamente ed in maniera efficace la capacità del paziente di riprendere la normale attività sessuale. L’efficacia della risposta inoltre è tanto maggiore quanto prima si inizia il protocollo di riabilitazione farmacologica, per evitare che, a causa di questa prolungata inattività dei corpi cavernosi del pene (strutture anatomiche che si trovano all’interno del pene e che sono responsabili dell’erezione, in quanto si riempiono di sangue determinando aumento di lunghezza e circonferenza del pene), si verifichi il meccanismo di fibrosi dei corpi cavernosi stessi che determina l’accorciamento del pene e la minore elasticità e distensibilità dei corpi cavernosi alla base della disfunzione erettile che affligge i pazienti sottoposti a queste tipologie di intervento. E’ bene sottolineare che, affinchè si evidenzino i risultati attesi, talvolta è necessario attendere anche fino a 2 anni dopo l’operazione. Va chiarito però che i risultati sono più soddisfacenti e più rapidi nei pazienti giovani con poche o nessuna patologia concomitante e nei pazienti che siano stati sottoposti (qualora le caratteristiche del tumore lo consentano) ad un intervento di risparmio dei nervi erigentes, cioè dei nervi che passano molto vicino alla faccia infero-laterale della prostata e che sono deputati all’erezione. E’ stato inoltre dimostrato che la riabilitazione andrologica contribuisce anche ad una più rapida guarigione dall’ incontinenza urinaria, altra problematica che colpisce i pazienti che si sottopongono ad intervento di prostatectomia radicale.


Come si svolge?

Il paziente viene sottoposto ad una attenta anamnesi (raccolta dei dati clincici) relativi all’intervento subito e alle patologie concomitanti del quale soffre o ha sofferto, valutando anche i farmaci che vengono assunti. Si esegue quindi un esame obiettivo del pene per valutare se ci sono alterazioni morfologiche. Qualora non vengano individuate delle controindicazioni, si esegue quindi l’iniezione intracavernosa di un farmaco vasoattivo (prostaglandine) che induce una erezione nel giro di 10-15 minuti. Nella maggioranza dei casi il paziente non risponde in maniera positiva alla prima iniezione, infatti viene eseguita una prima iniezione con un dosaggio basso del farmaco a pochi giorni dall’intervento. Inoltre si inizia ad eseguire la riabilitazione andrologica con dosaggi bassi di prostaglandine per poi aumentarli progressivamente nelle sedute successive, fino a raggiungere il dosaggio ottimale ad indurre un’erezione completa. Il paziente (o in alternativa la sua partner) nel corso delle sedute riabilitative viene istruito su come eseguire autonomamente l’iniezione, in modo che possa proseguire da solo la terapia iniettiva al termine del ciclo riabilitativo, senza necessità di recarsi dal proprio andrologo di riferimento. Fondamentale è la motivazione della coppia e la collaborazione massima da parte della partner per raggiungere dei buoni risultati e il più rapidamente possibile. In genere sono sufficienti 5 sedute per trovare il dosaggio di prostaglandine sufficiente ad indurre erezione e per istruire il paziente e/o la partner sull’esecuzione delle iniezioni, ma come già precisato ogni paziente costituisce un caso a sé per i diversi fattori elencati che possono influire positivamente o negativamente sulla buona riuscita della ripresa funzionale. Oltre ai farmaci intracavernosi al paziente verrano prescritti farmaci da assumere per via orale (sildenafil, vardenafil, tadalafil, avanafil) che sono anch’essi in grado di indurre un’erezione se il paziente è sottoposto a stimolazione sessuale. Tali farmaci vengono assunti in genere a giorni alterni rispetto alla terapia con prostaglandine intracavernose e sono coadiuvanti ad una ripresa funzionale più rapida dell’erezione. Alcuni pazienti (che abbiano fattori positivi per la ripresa) sono addirittura in grado, dopo un certo periodo di riabilitazione più o meno lungo, di raggiungere erezioni spontanee, non farmaco assistite. E’ infine da precisare che alcuni di questi farmaci sia per via iniettiva che per bocca, sono mutuabili, previa stesura di opportuno piano terapeutico da parte dello specialista.


Ci sono delle controindicazioni?

Esistono alcune controindicazioni sia per i farmaci intracavernosi che per quelli per via orale. Per quanto concerne i primi il paziente non deve aver assunto altri farmaci per bocca o per via intracavernosa inducenti erezione (iniezioni di prostaglandine e farmaci per bocca come il sildenafil) nelle precedenti 12-24 ore. E’ controindicata l’iniezione anche in pazienti con anemia falciforme o portatori dell’anemia falciforme, mieloma multiplo o leucemia, o in pazienti con malformazioni anatomiche importanti del pene. Per quanto concerne i farmaci per bocca (sildenafil, vardenafil, tadalafil e avanafil) sono controindicati in pazienti che abbiano avuto importanti eventi cardiovascolari (infarto del miocardio o ictus) negli ultimi 6 mesi, nei pazienti che abbiano grave insufficienza cardiaca, gravi problemi epatici, severa ipotensione (pressione sanguigna < 90/50 mmHg), disturbi ereditari degenerativi accertati della retina, come retinite pigmentosa (una minoranza di questi pazienti presenta disturbi genetici delle fosfodiesterasi retiniche) e nei pazienti che assumanonitrati.L’uso di questi farmaci per bocca presenta interazioni con altri medicinali che aumentano la durata nel tempo dell’effetto, come alcuni antimicotici (itraconazolo, ketoconazolo) e alcuni farmaci per la cura dell’HIV (saquinavir e ritonavir).In determinati casi inoltre il medico potrà richiedere un elettrocardiogramma con prova da stress ed una valutazione cardiologica prima della prescrizione di questi farmaci.


Che norme di preparazione occorre seguire?

Nessuna.
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